Pietraroja, a 50 chilometri circa da Benevento e famosa perché qui è stato ritrovato Ciro, il piccolo di dinosauro perfettamente conservato, ha dato appuntamento a tutti i buongustai nei vicoli del suo antico borgo nello scorso weekend. Una tre giorni di degustazione dei suoi prodotti tipici, un appuntamento da non perdere per provare i cibi di un’antica tradizione gastronomica, nella quale hanno fatto da padroni il famoso prosciutto di Pietraroja e i Carrati al ragù.
Vicoli del Prosciutto è una manifestazione patrocinata dal gruppo Petriani ed è organizzata dalla Prosciutteria Pietraroja Di Biase alla quale collaborano anche numerose aziende locali.
Durante Vicoli del Prosciutto non è mancato di certo il famoso prosciutto di Pietraroja, le cui origini risalgono a diversi secoli fa. E’ possibile degustare anche altre prelibatezze, fra cui:
Il prosciutto di Pietraroja è un prodotto alimentare che ha ottenuto il riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Protetta). La DOP è un marchio di qualità europeo che indica che un determinato alimento è prodotto in una Regione specifica, secondo tradizioni e regole ben definite. In effetti il prosciutto di Pietraroja è prodotto nel territorio di questo comune ed è noto per la sua alta qualità edil suo sapore caratteristico, frutto del clima locale, dell’aria di montagna e di antichi metodi di lavorazione.
Già diversi secoli fa era nota la bontà di questo prosciutto: nel 1776 il Duca di Laurenzana di Piedimonte era solito commissionare forniture di “prigiotta” da Pietraroja.
Antonio Iamalio nel 1917, quando descriveva la provincia di Benevento, così scriveva di Pietraroja: “Fiorente vi è principalmente l’allevamento dei suini, donde i rinomati prosciutti di Pietraroja”.
ll processo di produzione del prosciutto di Pietraroja segue rigorose e rigide regole tradizionali. Soprattutto, il metodo di lavorazione è lungo, lento e molto laborioso. Si inizia con la selezione di suini di razze specifiche – il maiale nero di Caserta – allevate allo stato semibrado e alimentate esclusivamente con ingredienti locali. Successivamente, avviene la macellazione quando il maiale raggiunge il peso di circa 160 chilogrammi. Le cosce di maiale dal peso di circa 10 chilogrammi, vengono dapprima salate con sale grosso e successivamente con sale fino miscelato con altre spezie. Al termine di questo periodo vengono schiacciate per 4 giorni mediante una pressa di legno per far uscire tutti i sieri. Vengono poi sospese in un luogo fumoso per una settimana, di nuovo pressate per 4 settimane e speziate con pepe nero e peperoncino.
Solo adesso può incominciare la stagionatura in cantina per un periodo di tempo prolungato minimo 24 mesi. Appese sulle travi di legno poste in speciali locali costruiti in legno e pietra, le cosce di maiale sono esposte al particolare microclima generato dai venti provenienti dal monte Matese. Questo processo di stagionatura conferisce al prosciutto il suo sapore unico e le sue caratteristiche organolettiche.
Il prosciutto di Pietraroja è spesso servito come antipasto o come ingrediente in molte ricette grazie al suo sapore dalle delicate note erbacee e speziate e alla raffinata persistenza del gusto. Si accompagna bene con le verdure e i sott’oli dell’antipasto, ma anche con il caciocavallo e i peperoni fritti.
Come prevedibile, la sua produzione è estremamente ridotta, parliamo infatti di un presidio slow food che viene prodotto in poche centinaia di unità all’anno destinate per una buona parte al consumo familiare.
Non solo la laboriosità del processo ma anche il suo costo fanno sì che oggi questo prodotto cult di Pietraroja sia quasi una rarità. C’è inoltre da considerare che il maiale nero casertano è quasi del tutto scomparso, soppiantato dalle razze suine del nord Europa ben più produttive. Questo ha fatto si che dal secondo dopoguerra in poi la produzione di prosciutto sia andata scemando fin quasi a scomparire: negli anni ’90 era rimasta una sola persona a produrre ancora il prosciutto di Pietraroja. E’ solo grazie ad alcuni allevatori locali animati dall’amore per questo territorio e per le antiche tradizioni che si è potuto riprendere l’allevamento del maiale nero casertano e la produzione del prosciutto secondo le usanze di una volta.
Durante la 3 giorni di Vicoli del Prosciutto a Pietraroja si potranno gustare anche i famosi Carrati al ragù (oppure al sugo di pecora), piatto tipico che si consuma durante le feste a Pietraroja. Si tratta di una pasta fresca di grano duro fatta a mano utilizzando un apposito ferretto, richiede quindi una certa dimestichezza. La ricetta originale prevede farina macinata grossolanamente, acqua, sale e un uovo ogni kg di farina. Una volta tirata la sfoglia di 2-3 millimetri di spessore, si ritagliano dei rettangoli di pasta di circa 3 centimetri di larghezza che vanno arrotolati sul ferretto e che poi si sfilano, dando vagamente l’aspetto degli ziti. A parte l’elemento estetico, quello che colpisce è l’abbinamento della pasta con il ragù che lascia estasiati e che fa dei Carrati un piatto di assoluta bontà. Il ragù deve essere di castrato e va condito in inverno con il pecorino, d’estate invece con la ricotta stagionata. La tradizione vuole che al ragù e alla spruzzata di pecorino (o di ricotta stagionata) si aggiungano poi delle noci tritate. Naturalmente i Carrati non si trovano in commercio perché la produzione è esclusivamente familiare, pertanto si possono mangiare solo nelle osterie del posto e in qualche evento speciale. Un ottimo motivo per venire a Pietraroja a Vicoli del Prosciutto e provare i prodotti cult di questa terra!
Vesuvius Travel Around è un progetto realizzato da Mazzone Turismo S.a.s.